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Terremoto Messina 1908

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giu_max
view post Posted on 28/12/2008, 10:00




Il Terremoto di Messina e Reggio del 1908, spesso noto come Terremoto di Messina o Terremoto Calabro-Siculo del 1908, è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo. Si verificò alle ore 5:21 del 28 dicembre 1908 e in 37 "interminabili" secondi danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio Calabria.
La notte, i sismografi registrarono il verificarsi di un terremoto di grande magnitudo. Il sisma è inquadrabile settorialmente in una zona probabilmente ubicata in Italia. Nessuna ulteriore informazione disponibile, solo le tracce marcate dai pennini sui tabulati degli osservatori sismici che gli studiosi cominciarono velocemente ad analizzare ed interpretare. I telegrafi cominciarono a ticchettare in attesa di ottenere e scambiare notizie. Così, prima di ottenere una qualsivoglia comunicazione ufficiale molte nazioni del mondo e l’Italia stessa, furono informate attraverso la strumentazione scientifica del terremoto del 1908 che devastò Messina e Reggio Calabria. I sismografi misero in evidenza solo la grande intensità delle scosse senza consentire però agli specialisti di individuare con altrettanta certezza la specifica localizzazione e solo di immaginare, ovviamente, i possibili danni provocati da un sisma di quella intensità. Gli addetti all’osservatorio Ximeniano annotarono:

« Stamani alle 5:21 negli strumenti dell'Osservatorio è incominciata una impressionante, straordinaria registrazione: “Le ampiezze dei tracciati sono state così grandi che non sono entrate nei cilindri: misurano oltre 40 centimetri. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave. »
Gli avvenimenti [modifica]

Mappa dell'epicentro del sisma.Il 28 dicembre 1908, lunedì, alle ore 5,21 del mattino, nella piena oscurità e con gli abitanti immersi nel sonno, un terremoto (uno dei più potenti della storia italiana), che raggiunse i 7,1° grado della scala Richter [2] (11-12° nella scala Mercalli), seguito da un maremoto, mise a soqquadro le coste calabro-sicule con numerose scosse devastanti. La città di Messina, con il crollo di circa il 90% dei suoi edifici, fu quasi rasa al suolo. Gravissimi i danni riportati da Reggio Calabria e da molteplici altri centri abitati del circondario. Sconvolte le vie di comunicazione stradali e ferroviarie nonché le linee telegrafiche e telefoniche. L’illuminazione stradale e cittadina venne di colpo a mancare a Messina, Reggio, Villa San Giovanni e Palmi, a causa dei guasti che si produssero nei cavi dell’energia elettrica e della rottura dei tubi del gas.

A Messina, maggiormente sinistrata, rimasero sotto le macerie ricchi e poveri, autorità civili e militari. Nella nuvola di polvere che oscurò il cielo, sotto una pioggia torrenziale ed al buio, i sopravvissuti inebetiti dalla sventura e semivestiti non riuscirono a realizzare immediatamente l’accaduto. Alcuni si diressero verso il mare, altri rimasero nei pressi delle loro abitazioni nel generoso tentativo di portare soccorso a familiari ed amici. Qui furono colti dalle esplosioni e dagli incendi causati dal gas che si sprigionò dalle tubature interrotte. Tra voragini e montagne di macerie gli incendi si estesero, andarono in fiamme case, edifici e palazzi ubicati nella zona di via Cavour, via Cardines, via della Riviera, corso dei Mille, via Monastero Sant'Agostino.

Ai danni provocati dalle scosse sismiche ed a quello degli incendi si aggiunsero quelli cagionati dal maremoto, di impressionante violenza, che si riversò sulle zone costiere di tutto lo Stretto di Messina con ondate devastanti stimate, a seconda delle località della costa orientale della Sicilia, da 6 m a 12 m di altezza (13 metri a Pellaro, frazione di Reggio Calabria). Lo tsunami in questo caso provocò molte vittime, fra i sopravvissuti che si erano ammassati sulla riva del mare, alla ricerca di un'ingannevole protezione. [3]. Improvvisamente le acque si ritirarono e dopo pochi minuti almeno tre grandi ondate aggiunsero al già tragico bilancio altra distruzione e morte. Onde gigantesche raggiunsero il litorale spazzando e schiantando quanto esistente. Nel suo ritirarsi la marea risucchiò barche, cadaveri e feriti. Molte persone, uscite incolumi da crolli ed incendi, trascinate al largo affogarono miseramente. Alcune navi alla fonda furono danneggiate, altre riuscirono a mantenere gli ormeggi entrando in collisione l’una con l’altra ma subendo danni limitati. Il villaggio del Faro a pochi chilometri da Messina andò quasi integralmente distrutto. La furia delle onde spazzò via le case situate nelle vicinanze della spiaggia anche in altre zone. Le località più duramente colpite furono Pellaro, Lazzaro e Gallico sulle coste calabresi; Briga e Paradiso, Sant'Alessio e fino a Riposto su quelle siciliane. Gravissimo fu il bilancio delle vittime: Messina, che all’epoca contava circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Secondo altre stime si raggiunse la cifra impressionante di 120.000 vittime, 80.000 in Sicilia e 40.000 in Calabria. Altissimo fu il numero dei feriti e catastrofici furono i danni materiali. Numerosissime scosse di assestamento si ripeterono nelle giornate successive e fin quasi alla fine del mese di marzo 1909.
A Messina la imponente Palazzata o Teatro marittimo, lunghissima teoria di palazzi senza soluzione di continuità affacciata sul porto (opera seicentesca dell'architetto Simone Gullì e poi ricostruita, dopo il terremoto del 1783, dall'architetto Giacomo Minutoli); il ricchissimo Palazzo Municipale, opera seicentesca di Giacomo Del Duca, incluso nella Palazzata; il palazzo della Dogana, costruito sui resti del Palazzo reale, a sua volta crollato nel terremoto del 1783; tantissime chiese, tra cui quella di San Gregorio, nella parte collinare della città sopra la via dei Monasteri (oggi via XXIV Maggio), quella della SS. Annunziata dei Teatini, opera di Guarino Guarini e la Concattedrale dell'Archimandritato del Santissimo Salvatore, ricostruita nel XVI secolo da Carlo V alla foce del torrente Annunziata, sul posto dell'attuale Museo regionale; il Duomo, ricostruito poi dall'architetto Valenti secondo le linee presunte dell'originaria struttura normanna e molti edifici pubblici; la sede della storica Università, fondata come primo collegio gesuitico al mondo nel 1548.Azione del Governo e della Marina italiana e straniera [modifica]
A Roma i quotidiani del pomeriggio riportavano ancora la notizia vaga di alcuni morti in Calabria per un terremoto. La prima notizia ufficiale delle vere dimensioni del disastro giunse quindi col telegramma trasmesso da Marina di Nicotera dal comandante della torpediniera Spica. Altre ne seguirono da diverse località e strutture dando un’idea approssimativa della catastrofe. Nella stessa serata del 28, riunito d’urgenza il Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti esaminò la situazione emanando di concerto le prime direttive del Governo.

Il Comando di Stato Maggiore dell’esercito diffuse ordini operativi mobilitando gran parte delle unità presenti sul territorio nazionale. Il Ministro della marina fece comunicare alla divisione navale in navigazione nelle acque della Sardegna, composta dalle corazzate "Regina Margherita", "Regina Elena", "Vittorio Emanuele" e dall’incrociatore "Napoli", di cambiare rotta e dirigersi verso la zona disastrata. Il Ministro dei Lavori Pubblici Piero Bertolini partì subito per Napoli da dove, imbarcatosi sull’incrociatore "Coatit", raggiunse Messina. Anche il Re e la Regina partirono il 29 per Napoli; saliti poi sulla "Vittorio Emanuele", in sosta per caricare a bordo anche materiale sanitario e generi di conforto, raggiunsero la Sicilia nelle prime ore della giornata successiva.

Ma già all'alba del 29, la rada di Messina cominciò ad affollarsi. Una squadra navale russa alla fonda ad Augusta si era diretta a tutta forza verso la città con le navi "Makaroff", "Guilak", "Korietz", "Bogatir", "Slava", "Cesarevitc". Subito dopo fecero la loro comparsa le navi da guerra inglesi "Sutley", "Minerva", "Lancaster", "Exmouth", "Duncan", "Euryalus". Il comandante russo Ammiraglio Ponomareff fece approntare i primi soccorsi prestando anche opera di ordine pubblico e facendo fucilare gli sciacalli, disperati sorpresi a frugare tra le macerie. Fra i detenuti sfuggiti alle carceri e alla morte vi erano anche gli stessi abitanti delle case crollate in cerca di qualche resto, i quali venivano passati per le armi dopo sommario processo presieduto da ufficiali che non parlavano italiano.

Dopo iniziarono ad arrivare le navi italiane che si ancorarono ormai in terza fila. Malgrado la sorpresa, nessuno se la prese più di tanto anche se, qualche tempo dopo, la stampa intervenne polemicamente.

Messe in mare le scialuppe anche gli equipaggi italiani furono sbarcati ed impiegati secondo le esigenze del caso. Il Re e la regina arrivarono all’alba del 30. Con una lancia a motore, accompagnati dai ministri Bertolini e Orlando, percorsero la costa per poi fare ritorno a bordo della loro nave. Data la gravità e le difficoltà della situazione, la regina rimasta sulla corazzata contribuì con grande impegno alla cura degli infermi mentre il Re raggiunse la terraferma per portare alle truppe italiane e straniere, impegnate nelle difficili operazioni di prima assistenza, le proprie espressioni di elogio e riconoscenza.

Le navi da guerra, trasformate ormai in ospedali e trasporti, caricati i feriti fecero poi la spola con Napoli ed altre città costiere occupandosi anche di trasferire le truppe già concentrate nei porti ed in attesa di destinazione. Cominciò l’afflusso di uomini tra cui i Carabinieri delle legioni di Palermo e di Bari e molteplici reparti dell’esercito. A chi arrivò di notte la città di Messina apparve illuminata dagli incendi che continuarono ad ardere per parecchi giorni.

La R.N. "Napoli" da Messina si trasferì a Reggio Calabria. Il suo comandante Umberto Cagni, assunto provvisoriamente il comando della "piazza" e delle operazioni di soccorso, sbarcò i marinai della nave per organizzare l’assistenza ed impiantare un primo ospedale da campo destinato alla medicazione dei feriti leggeri. Quelli più gravi furono trasportati a bordo. Il Cagni divise poi la città in varie zone assegnandole agli uomini della "Napoli" ed alle truppe dell’esercito già disponibili in loco tra cui i superstiti del 22° fanteria ed alcuni distaccamenti del 2° bersaglieri sopraggiunti nel frattempo. I marinai assieme ad alcuni nuclei di carabinieri organizzarono anche pattuglie di ronda con lo scopo di provvedere anche alle esigenze di Pubblica Sicurezza.

La stampa uscì con le prime edizioni dei giornali riportando dapprima dati sintetici e poi informazioni dettagliate con il sopraggiungere di notizie più certe e particolareggiate. L'Italia, sbalordita, seppe così che a Reggio, a Messina, interi quartieri erano crollati, che sotto le macerie di case, ospedali e caserme erano scomparsi interi nuclei familiari, malati, funzionari, guardie e soldati. Venne inoltre a conoscenza della meravigliosa gara di solidarietà internazionale apertasi tra navi straniere ed italiane per portare aiuto ai superstiti e trasportare sui luoghi colpiti dal sisma i materiali e gli uomini necessari.

Il mondo intero si commosse: capi di Stato, di Governo e Papa Pio X espressero il loro cordoglio ed inviarono notevoli aiuti anche finanziari. Unità da guerra francesi, tedesche, spagnole, greche e di altre nazionalità lasciarono i loro ormeggi e, raggiunte le due sponde dello stretto, misero a disposizione anche i propri equipaggi per provvedere a quanto necessario distinguendosi peraltro nel corso delle azioni cui presero parte.

In tutta Italia, oltre agli interventi organizzati dalla Croce Rossa e dall'Ordine dei Cavalieri di Malta, si formarono comitati di soccorso per la raccolta di denaro, viveri ed indumenti. Da molte province, partirono squadre di volontari composte da medici, ingegneri, tecnici, operai, sacerdoti ed insegnanti per portare, malgrado le difficoltà di trasferimento esistenti, il loro fattivo sostegno alle zone terremotate. Anche le Ferrovie, ormai dello Stato, inviarono proprio personale: tra questi Gaetano Quasimodo, che raggiunse Messina con al seguito la famiglia ed in particolare il figlioletto di soli 7 anni Salvatore, futuro premio Nobel per la letteratura.

Per il suo grande impegno, nel 2006, alla marina zarista è stata dedicata una via da parte del comune di Messina.
Secondo alcuni studiosi, il DNA degli abitanti dello Stretto è stato modificato dal radon, un gas radioattivo comunemente presente in natura, che aumenta di concentrazione in caso di terremoto. Ecco un articolo su La Repubblica: «Messina, nel terremoto il mistero del Dna», di Alberto Bonanno, La Repubblica del 17 marzo 2007.


 
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Cloleashelo
view post Posted on 29/10/2012, 22:47




Condivido totalmente per mezzo di le idee espresse ancora. Andate avanti in questo modo.
 
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