| Quest' "articoletto" è molto vecchio..ma è bellissimo..quindi ..anche se è molto lungo vi consiglio di leggerlo..in pratica degli amici di Fabio, dei tempi della Renatu Curi Angolana, parlano di lui..
«Quel gol alla Germania è anche nostro»
il Centro - 06 luglio 2006 pagina 12 sezione: ALTRE
PESCARA. «Quel gol alla Germania, un po’, l’ho fatto anch’io. Davanti alla televisione mi sono messo a piangere». Lacrime d’amicizia e di gioia quelle di Simone Perfetto, compagno di squadra di Fabio Grosso con la Renato Curi. Quel tiro di sinistro a girare finito nella porta della Germania, lui l’ha già visto almeno mille volte. In anteprima. Ogni volta alla fine dell’allenamento all’antistadio di Pescara, una raffica di tiri in porta per piazzare la palla, lì sotto l’incrocio e togliere la ragnatela nel sette: «Ma solo per divertimento mica per allenarci. Per Fabio Grosso, tirare una punizione è sempre stato come calciare un rigore». Ricordi e frammenti della vita da dilettante del terzino dal sinistro telecomandato che ha portato l’Italia in finale. Un po’ come quando ha segnato, «con quel solito piattone», il gol dello scudetto al Tor di Quinto. O come quando ha freddato la juniores del Lanciano con una doppietta. La finale tra la Renato Curi e il Tor di Quinto è stata un po’ come Italia-Germania, la partita perfetta. Giocata in notturna, dopo lo spareggio promozione all’Adriatico tra Gualdo Tadino e Avellino, Loris Masciovecchio, centrocampista con la maglia numero 6, non se la dimenticherà mai. Un’azione soprattutto: «Io anticipo un giocatore avversario, passo la palla a Fabio, lui me la restituisce, io chiudo il triangolo e lui segna con il solito piattone», racconta il difensore grande amico del calciatore della Nazionale. Uno a zero. Dopo l’1 a 1 dell’andata, quel gol di Fabio Grosso è valso lo scudetto sulla maglia della Renato Curi. Ma il centrocampista non dimenticherà neanche la sconfitta patita a Catanzaro ai calci di rigore. Anche lì, però ha fatto segnare il suo nome sul tabellino dei marcatori. IL NUMERO 10 UMILE. «Fabio è l’emblema di un ragazzo umile che adesso sta giocando in un sogno», dice Loris Masciovecchio. «E’ incredibile pensare che fino a sei anni fa ha giocato tra i dilettanti. Fabio, però, è sempre quello di prima. E’ rimasto il ragazzo dell’antistadio, quello dei tunnel e dei dribbling, dei tiri di sinistro a girare. Quello che si è fatto beffa, nei tornei estivi, dei big del calcetto. Insomma, chi vuole fare il calciatore deve prendere esempio proprio da Fabio. E’ uno che ha sempre rispettato la legge dello sport, senza eccessi e senza fare tardi di notte. Lui, per tutto quello che ha fatto, merita il meglio». Proprio come segnare, in semifinale, allo scadere del secondo tempo supplementare. «Quel tiro a giro è un classico del suo repertorio, non è un colpo di fortuna», ricorda l’amico. Come un giocatore di biliardo, così Fabio Grosso piazza la palla dove vuole. «Quel gol è la vittoria di tutti, della Renato Curi, del suo allenatore Cetteo Di Mascio e anche di Massimo Oddo, l’altro pescarese che è fortissimo», dice il calciatore che adesso vuole passare dall’altra parte della barricata e fare l’allenatore. E lui che adesso vuole sedersi in panchina, Fabio Grosso lo vede meglio dietro le punte o come terzino? «L’intuizione di Serse Cosmi è quella migliore. La tecnica di Fabio è incredibile, sicuramente è di poco inferiore a quella di Alex Del Piero e Francesco Totti». I CALCI DI PUNIZIONE. «Simò, attento, adesso questa palla la metto lì, sotto l’incrocio». Sul campo pieno di polvere dell’antistadio di Pescara, con la juniores della Renato Curi, Fabio Grosso, ha inaugurato un rito e cioè quello di tirare una raffica di punizioni al termine dell’allenamento. Davanti a lui la barriera con gli omini in ferro, gli amici più stretti come Simone Perfetto e, in porta, Alessandro Casciano. Putroppo, per il portiere quel sinistro telecomandato è andato a segno almeno due volte su tre togliendo la ragnatela dal sette. Ecco come Fabio Grosso è stato soprannominato, nello spogliatoio, «sinistro telecomandato». L’AVVERSARIO SCONFITTO. Storie di amici e di vittorie e storie di chi non è riuscito a farcela contro quel mostro alto, magro e con le spalle larghe, con una tecnica incredibile, molto bravo anche di testa. Questo il destino di Fabio Lanci, attaccante del Lanciano, categoria juniores nel campionato 1997/98 e adesso punta del Paglieta nel campionato di Prima categoria con 13 reti all’attivo nella stagione scorsa. Nella finale regionale, disputata sul campo durissimo di Re di Coppe, frazione di Lanciano, la corazzata Renato Curi, con il suo uomo simbolo, ha battuto il Lanciano con un secco 5 a 1 senza tante speranze per la partita di ritorno. Sul tabellino dei marcatori, neanche a farlo apposta, una doppietta di Fabio Grosso. Il portiere del Lanciano, Mirko Trivilino, ora numero uno della Spal Lanciano, nulla ha potuto per fermare la potenza del pescarese: «E pensare che tutta la squadra gliel’ha detto una sacco di volte di stare attento a quel numero 10», dice Fabio Lanci. Al ritorno, per il Lanciano è andata un po’ meglio limitando i danni e perdendo soltanto per 2 a 1. LO SQUADRONE. «I calci di punizione? Li ha messi quasi tutti dentro. Per lui sono sempre stati come un calcio di rigore». Così per Gianluca D’Onofrio, compagno di squadra con la Renato Curi nel campionato di Eccellenza finito con un secondo posto alle spalle del Lanciano e, dopo un ripescaggio, con la promozione tra i dilettanti. Il giocatore ha ancora impressa in mente la formazione: «In porta Alessandro Casciano, Simone Perfetto e Ernesto terra in difesa, Guglielmo Bonati, Massimo Marini, Alessandro Del Gallo, Marco Stella, Angelo Moretti». In attacco il trio delle meraviglie con Christian Gasparroni, Fabio Grosso e Salvatore Pasquini: «Una bella squadra. Fabio? Un fenomeno, è difficile trovare una persona così, è rimasto umile come prima». In quella stagione il numero 10 umile è andato a segno 22 volte. «Un gol più bello dell’altro. Le punizioni? Per lui sono sempre state come un calcio di rigore. Nello spogliatoio? Un burlone». IL PUGILE CALCIATORE. Sono in pochi a saperlo, ma anche il pugile professionista Simone Di Marco, campione di thai boxe e di kick-boxing, ha un passato da calciatore, oltre che da bodybuilder. Prima con la Renato Curi e dopo con l’Ursus Pescara. E proprio durante gli allenamenti all’antistadio, almeno quindici anni fa, ha intravisto quel giocatore che, a dire la verità, non è mai passato inosservato: «Il classico capitano con la maglia numero 10, tecnicamente forte con le spalle larghe, molto alto. Uno in grado di calciare le punizioni da destra a sinistra sul secondo palo togliendo sempre la ragnatela. Un grande, un ragazzo tranquillo e modesto». LACRIME PER IL GOL. «Il suo sinistro, la visione di gioco con il lancio lungo, un ragazzo stupendo, fuori e dentro il campo, anche adesso che è diventato un calciatore famoso. Quando lo incontro per strada è sempre umile», dice Simone Perfetto, compagno di squadra del numero 3 della nazionale e adesso calciatore di Promozione con il Porto Pescara. E il gol visto davanti alla televisione? «Io ho pianto, è come se quel gol l’avessi fatto anch’io», dice. Stefano Casolino, altro difensore della Renato Curi per tutte le giovanili fino all’Eccellenza e ora tesserato in Prima categoria con il Casalincontrada, si è stampato in mente «un ragazzo meraviglioso, fantastico, tecnicamente superiore alla media».
Fonte: Il Centro
In quest'altro (sempre vecchio) articolo il Presidente del Chieti parla degli anni trascorsi con Fabio in squadra!!
Pace: «Aveva 45 di piede ma era forte»
il Centro - 06 luglio 2006 pagina 13 sezione: ALTRE
CHIETI. Il presidente del Chieti, Antonio Buccilli, racconta i trascorsi di Fabio Grosso in neroverde. «Lo prendemmo dalla Renato Curi Angolana di Nicola Petruzzi che l’aveva lasciato libero e mi toccò bisticciare con l’allora direttore sportivo, Traini, che voleva portarlo da Ortega all’Andria. Purtroppo, la verità è che nel calcio se non c’è un procuratore che ci guadagna ti puoi chiamare anche Maradona e non giocare. Io ho sempre creduto in Grosso perché l’ho visto giocare fin da bambino all’antistadio Flacco». «Non voglio passare per presuntuoso», aggiunge l’allenatore Bruno Pace che guidò Fabio Grosso al Chieti nella stagione 99/2000. «Ma lo utilizzai più volte come quarto di centrocampo a sinistra. Si vedeva che aveva le qualità per emergere anche se poi i meriti della sua consacrazione nel grande calcio spettano tutti a Cosmi che lo ha inventato più difensore al Perugia grazie al modulo 3-5-2. Di Fabio ricordo che aveva il 45 di piede, ma che piede. Riusciva a trasformare le cose difficili in cose semplici». Il primo allenatore di Grosso è stato Cetteo Di Mascio che nella Renato Curi lo ha seguito in tutta la trafila del settore giovanile, dalla scuola calcio alla prima squadra. «Il gol segnato in nazionale non mi ha stupito. Fabio ha sempre avuto quei colpi», racconta Di Mascio, «non a caso quando giocava in Eccellenza di reti ne realizzava parecchie. Addirittura 19 nella stagione 1997-98, quella conclusasi con lo sfortunato spareggio di Grosseto perso per 2-1 dalla Renato Curi. Sono immensamente felice ma credo che come lui lo stesso Oddo potrebbe fare altrettanto». Marco Ratta
Fonte: Il Centro
ahhahaha dei piedi enormi!!!..ma infondo è molto alto !!..spero vi piacciano questi vecchi articoli!!
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